di Chantal Cresta
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Alzi la mano chi se ne ricorda: nel 1992 Francesco Rutelli, all’epoca già coordinatore nazionale della Federazione dei Verdi di cui, poi, divenne capogruppo alla Camera, propose la legge n. 113/92 che prevedeva “l’obbligo per il comune di residenza di porre a dimora un albero per ogni neonato, a seguito della registrazione anagrafica”. Dodici mesi di tempo, dal momento della nascita, perché il comune interessato provveda a piantare un nuovo albero e quindici mesi perché l’ufficio anagrafe relativo registri sul certificato di nascita, il luogo esatto in cui l’albero sorge.
A distanza di 18 anni da quel lontano 29 gennaio del ‘92, giorno in cui la proposta divenne legge, è interessante capire che fine abbia fatto la norma e, soprattutto, lo slancio ecologista da cui era scaturita.
Già nel 1995, infatti, su 2 milioni di bambini nati nei diversi comuni italiani mancavano all’appello 1,6 milioni di alberi. Oggi, la situazione non è migliore, anzi, se è possibile è peggiorata: su 9 milioni e 300 mila bimbi nati da residenti italiani dal ‘92 al 2008, le stime parlano di non più di 1 milione di alberi nuovi. Desolante.
Eppure la legge sembrava chiara: i comuni avrebbero dovuto agire in sinergia con le Regioni e il Corpo forestale dello Stato. I primi dovevano scegliere le tipologie arboree più consone al tipo di territorio nel quale sarebbero state piantate. Ai secondi spettava garantire un piano di coltura ed arredo ambientale in armonia con le necessità urbane e la tutela dei boschi.
Tuttavia, le aspettative sono state del tutto disattese, si pensi che nel solo comune di Roma dal ’93 a oggi, dopo 7 anni di amministrazione rutelliana, non è stato piantato un solo albero e la mancanza di verde è, ormai, un’emergenza.
Ora, le ragioni dell’abbandono della legge sono da ritracciarsi nell’impianto stesso della norma, che in più punti è vaga e priva di termini precisi entro i quali agire.
Innanzitutto, la registrazione dell’albero sul certificato di nascita implica uno scontro di competenze tra l’ufficio anagrafe – unico a tenere i dati reali dei nuovi nati - e il Ministero dell’Interno. Esiste, infatti, una norma del regolamento anagrafico (art. 12) secondo cui l’inserimento di altri dati nelle schede anagrafiche, oltre a quelli previsti, possa avvenire solo dopo l’autorizzazione del Ministero dell’Interno con l’intesa dell’Istituto Centrale di Statistica. Un particolare omesso nella legge Rutelli e che, dunque, inficia a monte ogni possibilità di adempimento della norma. Non basta. A rendere inattuabile la legge è anche il complesso iter burocratico al quali i comuni sarebbero stati soggetti per ogni richiesta di nuova pianta. I comuni avrebbero dovuto fare domanda alle Provincie, le quali avrebbero demandato le richieste ai Vivai delle Regioni. Un iter lungo e dispendioso che avrebbe implicato anche spese per l’individuazione di zone idonee ad accogliere le aree boschive ed una manutenzione costante a cui i comuni avrebbero dovuto provvedere con l’aiuto dello Stato. Nel 2008 la Finanziaria aveva previsto per la tutela del decoro ambientale dei comuni, circa 150 miliardi di euro per un periodo di 3 anni, soldi spariti dopo il provvedimento taglia – ICI.
Inoltre, la legge 113 non prevede in alcun caso un qualsiasi tipo di sanzione o d’obbligo d’imposta per i comuni inosservanti e, tanto meno, offre incentivi a chi la rispetta. Il che fa di questo regolamento più una enunciazione di intenti a carattere ecologista, che una normativa inderogabile.Eppure la legge Rutelli, se seguita, avrebbe oggi il suo valore aggiunto e quantificabile economicamente. Infatti, non solo un albero di media grandezza è in grado di assorbire 12 Kg di anidride carbonica in un anno ma il Protocollo di Kyoto prevede per ogni paese la sottrazione dall’ imposta sul totale delle emissioni di gas serra prodotto, del legno delle proprie foreste. Un alleggerimento delle sanzioni internazionali di circa 1 miliardo di euro in 5 anni.
Tuttavia, è bene osservare che l’Italia non è poi così sguarnita di vegetazione. Il vice-questore del Corpo forestale dello Stato, Enrico Pompei sostiene che sul territorio nazionale esiste un albero ogni 200 abitanti, ovvero circa 12 miliardi di piante. Una cifra elevata che pare essere in aumento a seguito dell’abbandono delle aree agricole, le quali stanno tornando naturalmente al loro stato boschivo.
Ad ogni modo, queste aree dovranno essere mantenute e tutelate, cosa possibile solo con uno stanziamento di fondi adeguato. Nel frattempo, dal ’92 a oggi, sono circa 8 milioni gli alberi mai piantati a seguito della mancata osservanza della norma: una perdita inqualificabile.
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