Nome scientifico: Euphorbia dendroides L., E. characias L., E. rigida Bieb.
Famiglia: Euphorbiaceae
Nome comune: Euphorbia
Nome comune: Euphorbia
Nel territorio madonita è frequente incontrare diverse specie afferenti al genere Euphorbia a seconda del tipo di ambiente in cui ci si trova. In particolare tre specie sono abbastanza diffuse, Euphorbia characias, E. dendroides ed E. rigida. Le prime due sono specie a distribuzione stenomediterranea mentre l’E. rigida Sud Europeo – Pontico. Dal livello del mare fino alle alte cime dei monti delle Madonie sono maggiormente diffuse rispettivamente E. dendroides, in particolare nella macchia mediterranea, da 0 a 700 m s.l.m., generalmente su rupi calcaree, suoli rocciosi ed aridi; E. characias presente in Leccete, macchie e garighe, da 0 a 1000 m s.l.m., sia su suoli carbonatici che silicei; E. rigida diffusa in fruticeti e praterie submontani e montani e facente parte della vegetazione delle rupi di alta e media quota, da 700 a 1900 m s.l.m, su suoli carbonatici.
Tutte e tre le specie possiedono notevoli caratteristiche biotecniche ed in particolare un’apparato radicale legnoso, fittonante e robusto, con spiccata stabilita relativa ed assoluta, che consente di stabilizzare pendii acclivi ed aridi, di difficile colonizzazione da parte di altre specie. Inoltre mostrano buone caratteristiche ornamentali, sia per il colore dei fiori e delle foglie che per il portamento. In particolare l’E. dendroides forma arbusti emisferici con numerosi fiori gialli, mentre nei mesi estivi le foglie assumono un colore rossiccio poiché vanno incontro a senescenza fino alla completa caduta.
Si tratta però di piante tossiche poiché tutte le Euphorbie contengono un latice irritante. In particolare sulle mucose, soprattutto quelle degli occhi, minuscole gocce possono provocare irritazioni dolorose e persistenti; talvolta l'irritazione si può verificare per semplice nebulizzazione nell'aria del latice stesso, ad esempio quando si taglia o si rompe la pianta e per questo ne limita l’utilizzo come specie ornamentale. Il latice veniva utilizzato per bruciare i porri e le verruche. Un tempo, ma in minor misura a tutt’oggi, soprattutto l’E. rigida, viene utilizzata per la pesca di frodo d'acqua dolce, in particolare per la cattura delle anguille nelle “nache”(pozze d’acqua) delle nostre fiumare. L'euforbia era anche impiegata per la depurazione di vasche ed abbeveratoi dalle sanguisughe e dagli insetti acquatici infestanti. Successivamente al trattamento, per un certo periodo, l'acqua non poteva venire utilizzata per abbeverare gli animali, dato che questi la rifiutavano.
Tutte e tre le specie possiedono notevoli caratteristiche biotecniche ed in particolare un’apparato radicale legnoso, fittonante e robusto, con spiccata stabilita relativa ed assoluta, che consente di stabilizzare pendii acclivi ed aridi, di difficile colonizzazione da parte di altre specie. Inoltre mostrano buone caratteristiche ornamentali, sia per il colore dei fiori e delle foglie che per il portamento. In particolare l’E. dendroides forma arbusti emisferici con numerosi fiori gialli, mentre nei mesi estivi le foglie assumono un colore rossiccio poiché vanno incontro a senescenza fino alla completa caduta.
Si tratta però di piante tossiche poiché tutte le Euphorbie contengono un latice irritante. In particolare sulle mucose, soprattutto quelle degli occhi, minuscole gocce possono provocare irritazioni dolorose e persistenti; talvolta l'irritazione si può verificare per semplice nebulizzazione nell'aria del latice stesso, ad esempio quando si taglia o si rompe la pianta e per questo ne limita l’utilizzo come specie ornamentale. Il latice veniva utilizzato per bruciare i porri e le verruche. Un tempo, ma in minor misura a tutt’oggi, soprattutto l’E. rigida, viene utilizzata per la pesca di frodo d'acqua dolce, in particolare per la cattura delle anguille nelle “nache”(pozze d’acqua) delle nostre fiumare. L'euforbia era anche impiegata per la depurazione di vasche ed abbeveratoi dalle sanguisughe e dagli insetti acquatici infestanti. Successivamente al trattamento, per un certo periodo, l'acqua non poteva venire utilizzata per abbeverare gli animali, dato che questi la rifiutavano.
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